Buona pratica e buone Feste!
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Buona pratica e buone Feste!
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Quante volte ci siamo trovati sul tappetino con una sensazione di rigidità, e abbiamo affrontato i primi saluti al sole (Surya Namaskara) sentendoci vagamente doloranti? Soprattutto se abbiamo l’abitudine di praticare al mattino, quando il nostro corpo esce dal torpore del sonno, la sensazione di essere un po’ “bloccati” è a dir poco familiare. C’è un modo per ovviare a questa momentanea mancanza di flessibilità, per preparare il corpo alla pratica evitando fastidiose contratture. E’ possibile connettere in modo dolce il respiro al movimento, effettuando alcune semplicissime sequenze di riscaldamento. Proviamone una insieme. Portiamoci sul tappetino in quadrupedia, avendo l’accortezza di mantenere i polsi perpendicolari alle spalle, e le ginocchia perpendicolari alle anche, in modo da distribuire il peso equamente. Respiriamo attraverso il naso, cercando di dare uguale lunghezza ad inspirazione ed espirazione. Inarchiamo la schiena inspirando, rivolgendo lo sguardo verso l’alto, ed espiriamo “gonfiando” la colonna vertebrale volgendo lo sguardo all’ombelico. Ripetiamo 5 volte, per ammorbidire la zona lombare e aprire dolcemente le spalle – questa azione, nota come “cat’s breath”, in sanscrito si chiama Marjariasana (fig. 1).
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Marjariasana |
Quindi allunghiamo i glutei verso il soffitto distendendo le gambe, e portandoci in Adho Mukha Svanasana (fig. 2); attiviamo la muscolatura delle cosce sollevando delicatamente la rotula. Effettuiamo qualche respiro in questa posizione, attivando i bandha, e poi alterniamo ritmicamente Adho Mukha Svanasana a Kumbhakasana (posizione della panca, fig.2). Ripetiamo questo movimento per 5 respirazioni, inspirando quando ci portiamo in Kumbhakasana, ed espirando in Adho Mukha Svanasana. Infine, per attivare Agni, il fuoco interiore che ci riscalderà per tutta la pratica, da Kumbhakasana portiamo ad ogni espirazione i glutei verso i talloni, ripetendo questo ciclo per altri 5 respiri, per sciogliere in sicurezza l’articolazione dell’anca e quella del ginocchio, e riscaldare i quadricipiti, sostegno fondamentale durante i saluti al sole.
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Da Adho Mukha Svanasana a Kumbhakasana |
Tra i miei asana preferiti, meritano un posto speciale tutti quelli che mettono alla prova il nostro equilibrio. Se in tutti gli altri asana resta un piccolo spazio mentale per perdere l’aspetto meditativo della pratica, in quelli in cui siamo in equilibrio su una sola gamba questo aspetto dispersivo svanisce. E’ sufficiente perdere attenzione per un secondo, per cominciare a traballare. Quando la mente prende il sopravvento, l’equilibrio ci sfugge. Le posizioni che testano il nostro equilibrio ci chiedono innanzi tutto di sfidare una potente forza della natura, la forza di gravità. Per conquistarle, è necessario davvero applicare tutti i principi della pratica: drishti (sguardo), bandha, pranayama. Quando questi tre elementi sono in sintonia, l’equilibrio arriva da solo, e ci permette di “volare”, fisicamente e mentalmente. Psicologicamente, le posizioni di equilibrio mettono alla prova il nostro ego. Quante volte ci siamo sentiti imbarazzati nel perdere l’equilibrio in una postura anche semplice, come Vrksasana (Albero)? Cadere è una delle cose che maggiormente ci mette davanti al nostro ego, che subito sembra chiedersi: “cos’ho che non va? Cosa penseranno gli altri?”. Dal punto di vista fisico, come tutti gli altri oggetti nello spazio soggetti alla forza di gravità, per stare in equilibrio dobbiamo imparare a trovare il nostro centro. Per farlo, proviamo a metterci in piedi davanti ad uno specchio, in Tadasana (Montagna). Con i piedi paralleli, le braccia lungo i fianchi, immaginiamo di vedere un pendolo che scende dal soffitto e ci attraversa fino a toccare il pavimento. Il nostro centro si trova leggermente al di sotto dell’ombelico: la nostra base di appoggio è costituita da entrambi i piedi. Per mantenere l’equilibrio, dobbiamo distribuire equamente il nostro peso su entrambi i lati e su entrambi i piedi. Ora proviamo a sollevare una gamba da terra, posizionando ad esempio il piede sinistro sull’interno della coscia destra. Continuiamo ad osservarci allo specchio, e notiamo come sia cambiata, rispetto all’immaginario pendolo, la posizione del nostro centro di equilibrio. Contemporaneamente, la nostra base di appoggio è diventata più piccola, essendo costituita da un solo piede. Proviamo ad allargare le dita del piede destro sul tappetino: questa azione rende la nostra base più larga. Inoltre, attivare le dita dei piedi ci aiuta a scaricare meglio il peso del corpo. Proviamo a cambiare la posizione delle braccia: teniamo dapprima le mani in appoggio sulle ginocchia, poi portiamole in preghiera davanti al petto, e infine sopra la testa. Noteremo che ad ogni passaggio, il nostro centro di equilibrio si sposta verso l’alto, rendendo la posizione più difficile. Pratichiamo questo asana per imparare a trovare l’equilibrio anche in momenti in cui il nostro quotidiano sembra toglierci “il terreno sotto i piedi”. Vrksasana è una posizione che ci ricorda che anche quando il terreno sotto di noi “frana”, possiamo trovare il modo per restare in piedi, e protenderci verso l’alto per cercare nuova ispirazione. Buon weekend e buona pratica!
da Tadasana a Vrksasana
Si avvicinano le feste natalizie! Giorni densi di significato per tutti noi: questo è un periodo dell’anno dedicato ad esprimere affetto verso chi ci è vicino, e al tempo stesso a tracciare un “consuntivo” dell’anno appena trascorso. Da un lato sentiamo la necessità di aprire il cuore, dall’altro di rivolgere lo sguardo dentro noi stessi. Secondo BKS Iyengar, uno dei massimi maestri di Yoga contemporanei, da poco scomparso, “il corpo è il tempio, e gli asana sono preghiere”. Una frase che in modo conciso e perfetto racchiude il significato profondo dello Yoga, vera e propria medicina del corpo e dell’anima. In che modo possiamo quindi portare sul tappetino una pratica adatta a questo momento così importante del nostro anno? Innanzi tutto suggerisco a tutti di portare con voi il tappetino, e chissà che proprio le vacanze non possano diventare il momento giusto per coinvolgere in questa vostra passione anche il partner o gli amici più cari. Iniziate la vostra giornata con qualche saluto al sole, e arricchite la pratica con gli asana che più si adattano a queste giornate, come le torsioni e i piegamenti all’indietro. Secondo il metodo Jivamukti, le torsioni (oltre ad agire mirabilmente sull’apparato digerente) rappresentano un modo simbolico di rivolgerci agli esseri viventi che, anche inavvertitamente, abbiamo ferito per trarne vantaggio personale; i piegamenti all’indietro (oltre ad essere un efficace antidoto al mal di schiena), invece, ci portano verso chi, a nostro parere, ci ha ferito. Praticare torsioni e piegamenti all’indietro per “guarire” queste relazioni del nostro passato, per perdonare noi stessi e l’altro, è un modo per interiorizzare la nostra pratica e per affrontare eventuali malesseri cercandone le cause anche nella nostra psiche. Proviamo, almeno durante le feste, a dare alla nostra pratica un significato più profondo, e osserviamo cosa accade in noi. Dedichiamo la nostra pratica non solo al nostro benessere ma anche e soprattutto a quello di chi ci sta vicino. E magari, portiamolo sul tappetino insieme a noi!