
Sharath e Sri K. Pattabhi Jois, Guruji
Anche oggi traduco e sintetizzo con grande rispetto e piacere la conferenza di Sharath agli studenti che frequentano la Yoga Shala a Mysore.
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Anurag e Guruji |
Sharath e Sri K. Pattabhi Jois, Guruji
Anche oggi traduco e sintetizzo con grande rispetto e piacere la conferenza di Sharath agli studenti che frequentano la Yoga Shala a Mysore.
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Anurag e Guruji |
Sharath e Sri K. Pattabhi Jois, Guruji
L’incontro settimanale di Sharath Jois con i suoi studenti di Ashtanga a Mysore offre ancora una volta tanti interessanti spunti di riflessione sulla pratica Yogica. Mi permetto dunque di riassumere la trascrizione di Isabella Nitschke evidenziando quelli che a mio parere sono strumenti veramente utili che la pratica Yoga mette a nostra disposizione. L’argomento affrontato ieri da Sharath a Mysore era quanto mai attuale: quali cambiamenti produce la pratica in ognuno di noi? Lo Yoga è un processo interiore, un viaggio di trasformazione individuale. Per essere davvero efficace tuttavia, non può limitarsi alla sola pratica delle asanas (posizioni), ma deve diventare un percorso completo, ciò che nello yoga prende il nome di Sadhana. Le asanas sono uno strumento di rivelazione che ci aiuta ad andare oltre l’ego. Quante volte al giorno ripetiamo la parola “io”? Quante volte ci facciamo prendere la mano dal nostro modo occidentale di guardare alle cose, trasformando anche la pratica dello Yoga in una competizione? Non basta smettere di guardarsi allo specchio (uno dei motivi per cui amo insegnare nelle Yoga Shala autentiche, dove lo specchio non c’è, per consentire ad ognuno di sentire, piuttosto che osservare, se stesso); proviamo a smettere di confrontarci con chi pratica sul tappetino accanto al nostro. La pratica è uno strumento per cambiare se stessi: e se cambiamo noi stessi, anche il mondo ci sembrerà diverso, perché lo guarderemo con un nuovo sguardo. La pratica, insegnandoci ad essere compassionevoli innanzi tutto verso i nostri limiti, ci porta a cambiare le nostre percezioni e il nostro atteggiamento verso gli altri e verso il nostro ambiente – e questo cambiamento influenza in modo positivo il nostro mondo. Essere compassionevoli verso noi stessi, infatti, ci rende con il tempo più ben disposti anche nei confronti dei limiti altrui. E questo dovrebbe essere il primo proposito della nostra pratica, perché lo Yoga non si limita all’ora che trascorriamo nell’ambiente protetto della Yoga Shala. Quando la pratica diventa quotidiana, sul tappetino come nella vita di tutti i giorni, ne possiamo davvero cogliere i benefici: innanzi tutto fisici, perché innegabilmente lo Yoga con il tempo ci regalerà un corpo snello, forte e in salute – la pratica dello yoga dinamico ci aiuta a perdere i chili in eccesso, a diventare più forti e flessibili. Ci renderà radiosi, purificando il nostro corpo grazie alla sua azione sugli organi interni. Renderà la nostra mente lucida e il nostro modo di comunicare più chiaro ed efficace, perché una mente più concentrata ci consentirà di esprimere noi stessi in modo più sereno. Prolungherà la nostra esistenza preservando “Amrita Bindhu”, il nettare della vita custodito, secondo le scritture Yogiche, nella sede corporea del nostro settimo chakra, che grazie alle posizioni rovesciate (eseguite con cura) gli Yogi mantengono nella sua sede originaria più a lungo. Attiverà il nostro “fuoco digestivo”, perché la pratica dinamica delle asanas genera un calore che favorisce la purificazione degli organi grazie alla combinazione tra posizioni e corretta respirazione. E sempre la respirazione yogica purificherà il nostro sistema nervoso. Oggi persino la medicina tradizionale attribuisce finalmente un ruolo importantissimo alla respirazione utilizzata a fini terapeutici: pensiamo quindi quanta saggezza porta con sé lo Yoga attraverso i secoli! Eppure lo Yoga non si ferma al tappetino, anzi. Sul tappetino muoviamo i primi passi attraverso una pratica che connette il corpo al nostro lato più spirituale. Coltivando una mente calma, riusciamo ad ascoltare una voce interiore che ci invita ad eliminare tante inutili distrazioni del quotidiano, e a concentrarci su ciò che davvero è importante.
Suggerisco a tutti gli anglofoni di seguire il bellissimo blog di Isabella Nitschke che ogni settimana trascrive integralmente le conferenze di Sharath. Con profonda gratitudine per i loro insegnamenti, dedico questo post a Sri K. Pattabhi Jois e suo nipote Sharath… Namaste e buona pratica a tutti!
Negli ultimi anni, si leggono sempre più spesso libri, blog, articoli dedicati all’anatomia delle posizioni Yoga. Io stessa, traduttrice con un lungo percorso come insegnante Yoga, sono impegnata proprio in questi giorni nella traduzione di un libro di Ray Long (medico ed insegnante di Yoga) a mio parere particolarmente utile che sarà a breve pubblicato in italiano da OM Edizioni. Su molte pagine facebook dedicate in particolare ad Ashtanga e Vinyasa Yoga i lettori si sono spesso chiesti per quale motivo l’anatomia degli asana sia diventata predominante sul web e nelle classi, e se questo non rischi di togliere allo Yoga parte della sua spiritualità. Personalmente ritengo che, di questi tempi, una profonda conoscenza dell’anatomia del corpo umano sia un requisito fondamentale per chi si appresti ad insegnare Yoga, ed una discreta conoscenza sia comunque importantissima anche per chi semplicemente desidera portare avanti una pratica individuale. Questo per diverse ragioni. La prima ragione è che, soprattutto in occidente, chi si avvicina allo Yoga lo fa molto spesso per motivi legati al corpo, alla ricerca di tonicità, flessibilità, di recupero delle funzionalità in seguito ad incidenti o traumi. E’ quindi molto importante che chi guida gli studenti attraverso le asanas sappia su cosa sta lavorando, non solo per attivare correttamente muscoli, legamenti e articolazioni, ma anche per dare beneficio agli organi interni che vengono stimolati nelle diverse posizioni.
La seconda ragione, e riguarda soprattutto chi pratica individualmente, è che, diversamente da quanto avviene in India, non tutti gli studenti di Yoga hanno la possibilità di accedere con costanza e quotidianamente alla guida di un insegnante. Dunque anche da soli una conoscenza anatomica è di grande aiuto nell’approfondire le diverse asanas e sequenze. Quando si pratica con un insegnante di “lungo corso” si ha la fortuna di imparare sotto una guida esperta. Gli asana dello Yoga non sono semplici posizioni ma vere e proprie porte che, se attraversate consapevolmente, non solo garantiscono con il tempo un profondo benessere fisico, ma anche risvegliano in ognuno di noi sensazioni psicologiche importanti, aiutandoci a rimuovere “blocchi” o affrontare ansie e paure. L’anatomia applicata allo Yoga è inoltre illuminante per la parte più spirituale dello Yoga, perché ci insegna a vedere il nostro corpo come un veicolo che la nostra anima può abitare in modo più o meno confortevole. Una delle citazioni di B.K.S. Iyengar da me preferite recita: “Il corpo è il mio tempio, e le asanas sono le mie preghiere”. Un tempio che attraverso la conoscenza anatomica possiamo costruire su basi solide, e preghiere che possono diventare tanto più musicali quando sono “recitate” correttamente.
Sri K. Pattabhi Jois, Guruji
Tra i post dedicati allo Yoga che leggo settimanalmente, trovo sempre grande motivo di ispirazione nelle note tratte dalle conferenze di Sharath Jois con gli studenti di Ashtanga che visitano la sua famosissima shala a Mysore. Sharath, come tutti sanno, è il nipote del grande Sri Pattabhi Jois, creatore del sistema Ashtanga Yoga a cui tutti noi praticanti dobbiamo moltissimo. Tra le belle abitudini di Guruji, c’era quella di tenere incontri con gli studenti che viaggiavano da tutto il mondo per praticare con lui, per chiarire dubbi sul metodo, sulla pratica, o approfondirne alcuni aspetti. Nel pieno rispetto della tradizione, Sharath oggi tiene queste ormai affollatissime conferenze e alcuni studenti hanno la gentilezza di postarne un sunto sui loro blog. L’ultimo post faceva riferimento all’importanza di seguire un metodo, e ho trovato questo concetto particolarmente illuminante per molti aspetti. Nella nostra cultura, nelle nostre città, siamo soggetti quotidianamente ad un bombardamento di informazioni e stimoli di ogni tipo. L’offerta è tale e tanta, da portarci a voler provare e seguire mille corsi, mille attività, senza però approfondirne nessuna. Cominciamo a praticare Yoga, poi veniamo attratti dal Karate, dal Krav Maga, dalla danza hip hop, dal Tai Chi. Iniziamo mille corsi, tocchiamo superficialmente ogni cosa, e non lasciamo il tempo ad una pratica di sedimentare dentro di noi, a livello fisico ed energetico, perdendone i benefici più profondi. Nello specifico, ovviamente, Sharath si riferiva allo splendido sistema dell’Ashtanga Vinyasa Yoga. Penso che, in questa sede, possiamo allargare questo concetto all’esplorazione di tutto lo Yoga, ma soprattutto possiamo spingere questa idea alla necessità di imparare a coltivare la costanza, non solo nella pratica ma in tutto ciò che facciamo. Nello Yoga, classe dopo classe, il nostro corpo si apre a nuove possibilità. Sequenza dopo sequenza, con calma e pazienza impariamo a riconoscere nelle nostre rigidità fisiche i “blocchi” psicologici che ci piacerebbe superare. Per questo è importante seguire con costanza questo cammino: per dar modo al sistema Yoga di rivelarci tutto il suo immenso potenziale. Chi pensa di trovare, dopo due lezioni, la pace mentale o la massima flessibilità sarà presto deluso. Anzi, le prime lezioni saranno proprio quelle che ci riveleranno l’instabilità della nostra mente e i limiti del nostro corpo. Per questo è importante scegliere il metodo Yoga (o altro, se quella è la nostra strada) e seguirlo con costanza, pazienza e curiosità. Solo attraverso la pratica costante lo Yoga ci rivela la sua vera essenza. Spesso ci sentiremo frustrati, impazienti; ma molto più spesso ci sentiremo felici, increduli davanti al benessere che sentiremo nascere in noi. Ringrazio Sharath per l’ispirazione che riesce sempre ad infondere negli studenti con le sue parole, Isabella Nitschke per aver riassunto e condiviso il suo pensiero, e Anurag Vassallo per i puntuali aggiornamenti a noi studenti attraverso la sua pagina facebook. Grazie a tutti voi per aver ispirato questo mio post. Vi aspetto sul tappetino.