![]() |
David Keil, insegnante di Yoga ed esperto terapeuta, autore di numerosi libri e video |
David Keil: autore di Yoganatomy, uno dei più popolari siti di Yoga e Anatomia, e di numerosi libri, terapeuta neuromuscolare, insegnante di chinesiologia, esperto praticante di Yoga dal 1989, consulente di John Scott per i suoi Teacher Training. Un curriculum davvero eccezionale per uno dei massimi esperti di anatomia funzionale allo Yoga. Nessuno meglio di lui può aiutarci a comprendere gli aspetti più misteriosi del corpo umano rendendoli accessibili anche a chi non è dotato di laurea in medicina. David, che seguo da tempo, mi ha concesso di tradurre per voi i suoi articoli, e vorrei cominciare subito con un tema che sentiamo tutti ricorrere molto spesso durante lezioni e workshop di yoga: il famoso “core”, il centro del nostro corpo. Ma cos’è? Di quali muscoli si compone? Perché è così importante saperlo controllare per progredire nella pratica?
Che cos’è il “Core”?
I muscoli del tronco:
- addominali
- ileopsoas
- erettori della colonna
- muscoli del pavimento pelvico
- muscoli profondi del gluteo
- quadrato dei lombi
Il Tronco
Definiamo innanzi tutto la parola tronco. La parola in sé implica profondità e centralità. La struttura anatomica più profonda e centrale è la colonna. Molto di ciò che ascoltiamo quando si parla di tronco è collegato specificatamente alla colonna e al torso in generale. Dopo tutto, sono proprio torso e colonna che vogliamo stabilizzare attraverso i muscoli del tronco. C’è inoltre una componente dinamica da considerare nel tronco: questo aspetto è collegato al movimento e al controllo specifico del movimento tramite i muscoli profondi che ci consentono di muoverci. Basandomi sulla mia esperienza personale e sui miei studi, spesso cito Ida Rolf che ha sviluppato l’integrazione strutturale, meglio conosciuta come Rolfing. Secondo lei, la colonna era il vero tronco del corpo. I tessuti più profondi e intrinseci erano da considerarsi muscoli del tronco. Per Ida, i muscoli più superficiali come gli addominali rappresentavano una sorta di fodera del tronco. Questo non vuol dire che i muscoli più profondi non siano in relazione con quelli più superficiali: ovviamente lo sono. Ma lei non li classificava come tali, come avviene invece al giorno d’oggi.
Indipendentemente da come vogliamo classificarli, dobbiamo farci una domanda più importante. Perché è così importante comprendere il tronco? Nello yoga, ci sono diverse ragioni valide:
- Forza e stabilità
- Movimento
- Relazione con i Bandha
Forza e Stabilità
La forza che proviene dal tronco è senza dubbio parte del motivo per cui il tronco attira tanta attenzione. E a ragione. Non ci stancheremo mai di ripetere quanto è importante avere una relazione bilanciata con i muscoli del tronco. Per bilanciata, intendo una relazione che comprenda equilibrio tra forza e flessibilità in questi muscoli, in modo tale da renderli più adattabili. Abbiamo bisogno di questa adattabilità anche quando non ce lo aspettiamo. Ad esempio, se viviamo in zone in cui il terreno è ghiacciato, senza accorgercene usiamo i muscoli del tronco ogni volta che scivoliamo da un lato all’altro sul ghiaccio. Ogni volta che inciampiamo, stiamo per cadere, e riusciamo a riprenderci, è grazie all’adattabilità dei muscoli del tronco che restiamo in piedi. Nello Yoga, usiamo questa adattabilità per entrare e uscire dalle posizioni. La usiamo anche quando affrontiamo posizioni che si basano sulla forza, come le asana in equilibrio sulle braccia, quelle in cui dobbiamo sollevarci, saltare e così via. E’ in questi momenti che abbiamo bisogno della forza e della stabilità del nostro tronco, per poterlo muovere adeguatamente.
Movimento
Centro di gravità – fronte |
Centro di gravità – da sopra |
Quando descriviamo il movimento che ha origine dal tronco (il “core”) ci chiediamo in realtà: come faccio a controllare il mio centro di gravità? E’ questo aspetto del controllo del centro di gravità a rendere l’ileopsoas di grande rilevanza quando parliamo di muscoli del tronco. L’ileopsoas è posizionato strategicamente attorno al nostro centro di gravità, che si trova appena sopra e davanti al nostro sacro. Quando il nostro centro di gravità è in linea con la stessa forza di gravità, relativa alle parti del nostro corpo, siamo in equilibrio e in controllo. Quando ci muoviamo a partire dal nostro centro, i nostri movimenti sono non solo controllati, ma espansivi e leggeri. Notiamo due serie di qualità molto importanti nella pratica: la stabilità, la sensazione di avere radici (Mula) e agio, leggerezza, grazia (Uddiyana). Ida Rolf descrive queste sensazioni come “Consapevolezza dello Psoas”. E’ a questo punto che ileopsoas, tronco e bandha cominciano a mescolarsi da diversi punti di vista. Sono tutte prospettive diverse che convergono a creare un risultato simile. Il risultato è la sinergia di forza, stabilità, leggerezza e agio durante il movimento. E’ spesso a questo punto che la gente comincia a chiedersi come rendere più forte lo psoas, o in generale i muscoli del tronco. Ed è qui che spesso facciamo l’errore più comune, a mio parere: l’errore di semplificare questa necessità decidendo per forza o flessibilità dello psoas, come se potessimo scegliere tra bianco e nero.
Dico sempre alla gente di creare una relazione con il proprio psoas! Essenzialmente, tutti vogliamo muoverci partendo dal tronco. Ora, se provate a sentire il vostro psoas che si contrae, è probabile che non ci riusciate. Forse è più semplice scegliere e isolare un punto preciso. Per esempio… il vostro centro di gravità. Se lo fate, sarà il vostro percorso per comprendere come i bandha vadano a comporre il puzzle dei muscoli del tronco. Questo non significa che l’ileopsoas è il vostro bandha, né che il vostro centro di gravità è il bandha. E’ solo un punto su cui concentrarsi finché i bandha non si rivelano. Provate a guardare questo video di Fred Astaire se volete avere un’idea della “consapevolezza dello psoas” di cui parla Ida Rolf.
Relazione con i Bandha
E cosa sono i Bandha, alla fine? Spesso è difficile descrivere cosa sono o cosa significano i Bandha, perché sono un’esperienza. Non fraintendetemi: possiamo descriverli intellettualmente o filosoficamente, ma descriverne l’esperienza è ben diverso. Essere certi di aver provato questa esperienza è ancora un’altra cosa. Perché ognuno ha un’esperienza diversa dei Bandha, diversi livelli di comprensione, e di solito c’è parecchia confusione in merito. Ciò che la maggior parte di noi può descrivere è il controllo fisico che si accompagna alla componente energetica dei Bandha. Personalmente, non sono del tutto convinto di sapere cosa siano i Bandha, ma solo di quale sia la mia esperienza dei Bandha fino ad ora.
Da un punto di vista filosofico, i bandha sono un elemento energetico interiore. Quindi, in che modo esperiamo l’energia? Come sensazione? Come movimento? Come manipoliamo e/o controlliamo questa energia? Forse la nostra esperienza è tutte queste cose. Ma innanzi tutto suggerisco di cercare di comprendere i bandha facendo attenzione al respiro (n.d.t. – How Breath Leads to Bandha, dello stesso autore). Dopo tutto, è proprio il respiro che utilizziamo come meccanismo per controllare l’energia (pranayama). Mi sembra abbastanza logico che senza un certo controllo del respiro, faremo fatica a controllare la nostra energia. Questo riguarda sia l’energia che circola all’interno del nostro corpo, che quella che immettiamo attraverso il respiro. Niente respiro, niente bandha; niente bandha, niente controllo della mente, niente sviluppo della concentrazione e dell’attenzione. E qui arriviamo alla radice dei bandha. In questo senso, i bandha sono punti di concentrazione che dirigono o controllano il prana. Dopo tutto, è la nostra mente a dirigere il prana. Quindi stiamo parlando di un livello di consapevolezza. Se la nostra mente non è concentrata, non c’è posto per la consapevolezza. Siamo bloccati nel flusso dei pensieri nel tentativo di concettualizzare i bandha, invece che esperirli. Non è un’impresa da poco, e non voglio dire di aver dominato la questione, ma stiamo parlando del nostro CORE! E qui, per “core” non intendo più parlare di muscoli. Parlo di strati che sono molto più profondi e che vivono tra bandha, respiro, muscoli, e tronco.
Conclusione
Esiste il tronco anatomico del nostro corpo, la colonna e i muscoli più interni che la circondano. Se andiamo verso l’esterno, troviamo i muscoli più superficiali che giocano una loro parte nel dare stabilità e sostegno alla colonna. Queste nozioni certo ci aiutano a progredire, ma è attraverso il movimento e la delicatezza dell’esperienza del movimento che possiamo approfondire la nostra pratica. Usate il centro di gravità come un punto a cui rivolgere la mente per una settimana di pratica, e ditemi cosa vi succede. Mandatemi una mail o commentate questo articolo, e ditemi se mi sbaglio! Soprattuto, cercate di lasciarvi andare all’esperienza, cercate di non concettualizzarla e di non aspettarvi un risultato particolare. Siate più neutrali.”
– David Keil
– David Keil