Ashtanga Yoga: Una definizione di Prima Serie

David Keil

Qualche giorno fa ho letto con grande interesse questo articolo pubblicato daDavid Keil, famoso nel mondo dello Yoga per essere uno dei massimi esperti di anatomia applicata all’Ashtanga Yoga. L’ho trovato particolarmente utile nel dare una descrizione della Prima Serie dal punto di vista anatomico e per questo ho pensato di tradurlo per tutti i praticanti italiani.

“Praticare Ashtanga Vinyasa Yoga è molto più che la mera esecuzione delle asana enumerate nella Prima Serie. Come sequenza, la prima serie è il fondamento della pratica di questo metodo. In questa serie si piantano i semi che vedremo crescere nelle sequenze successive. Ma questi semi non si limitano al solo elemento delle asana. I semi che dovremo piantare sono costituiti anche da componenti più sottili.
Anzi, i semi più importanti da piantare e coltivare sono quelli del respiro, dei bandha e del dristhi. Sono questi gli elementi che rappresentano il cuore dell’Ashtanga Vinyasa Yoga. Spesso, ricordo ai miei studenti che eseguire semplicemente la sequenza delle asana così come previsto dalla prima serie, non significa che stiano realmente praticando Ashtanga Vinyasa Yoga.
Eseguire la sequenza mantenendo contemporaneamente questi elementi fondamentali è il reale significato di questa pratica. Naturalmente questo è un concetto che può creare opinioni divergenti. Qual è la respirazione corretta? Qual è la corretta applicazione dei bandha e del dristhi?
Discussioni e dibattiti nascono intorno a questi ingredienti della pratica, ma penso che anche in questo caso sia la mente ad avere la meglio, distraendoci dalla pura esperienza del praticare. Un elemento importante da ricordare è che la nostra esperienza di questi ingredienti cambierà, naturalmente, nel tempo. Spesso pensiamo che la pratica o una singola asana o uno solo di questi elementi siano “tutto o niente”. Ci dimentichiamo che abbiamo iniziato un percorso di crescita nel respiro, nei bandha, nel dristhi e nelle asana.
La prima serie quindi crea la base di solidità e apertura del corpo attraverso le asana. Il focus primario di queste asana nel corpo fisico è l’apertura delle anche. Se le anche non sono aperte, è difficile accedere alla colonna vertebrale, dove inizia il vero lavoro dello yoga, perché al suo interno troviamo il sistema nervoso.
Tra i benefici collaterali del lavoro con le asana c’è l’apprendere ad essere disciplinati e ad alimentare il fuoco del desiderio di migliorarci, e di continuare ad esplorare. La Prima Serie fornisce le fondamenta per le altre sequenze, ma con tutti i cambiamenti che produce nel corpo, rischiamo di ritrovarci con delle fondamenta poco stabili. Cominciamo a sentirci così bravi, che il nostro ego si espande, e tendiamo ad equiparare le nostre capacità fisiche all’evoluzione spirituale – cosa che spesso si rivela ben lontana dalla realtà.
La Prima Serie ci dovrebbe fornire le basi per comprendere il Tristana. E la prima parte di questo termine è costituita dal respiro.

Il lavoro sul Respiro

Dal punto di vista del respiro, dovremmo essere noi a controllarlo, e non viceversa. Questo controllo ci permette di coordinare respirazione e movimento. Comprendere il conteggio dei vinyasa è uno strumento utilissimo per creare e mantenere il numero di respiri che effettuiamo quando entriamo e usciamo dalle posizioni. Troppi respiri tra una postura e l’altra significa che c’è una mancanza di controllo. Sebbene questo non sia da considerarsi un errore, l’ideale è diventare più efficienti nella coordinazione tra respiro e movimento.
E’ abbastanza comune osservare negli studenti una breve inspirazione seguita da una lunga e rumorosa espirazione: anche questo ci segnala una assenza di controllo. Idealmente il nostro obiettivo è rendere inspirazione ed espirazione di uguale lunghezza. Sottolineo che parlo di un “ideale” a cui tendiamo. L’atto di provarci è sufficiente, non lasciamoci prendere dalla ricerca poco realistica di una sorta di “perfezione” nella pratica.
Il controllo del respiro è uno degli aspetti più complessi per gli studenti. Penso sia perché richiede un livello di disciplina superiore alla sola esecuzione delle asana. Ma senza questo livello di disciplina e controllo, non sono certo che lo studente possa accedere al potenziale dei Bandha.

I Bandha

I bandha sono forse l’elemento che causa i maggiori fraintendimenti nella pratica. Gli studenti spesso si perdono alla ricerca della contrazione del muscolo giusto nel modo giusto. Si dimenticano che i bandha sono una componente energetica che viene stimolata dalla contrazione fisica di alcune aree del nostro corpo. Ancora una volta, ci troviamo a discutere quale sia il mondo giusto di farlo e quale sia la contrazione corretta. Io credo che conti molto di più il “dove” dirigiamo la nostra attenzione e intenzione. Ciò che conta davvero è come i bandha si manifestano all’interno della nostra pratica.

Dristhi

Il Dristhi è l’ultimo e – nella mia personale opinione – il pezzo più difficile del puzzle. Si, è un luogo verso cui dirgiamo lo sguardo, ma è un luogo che mantiene la nostra attenzione su quel luogo. Guardare il nostro alluce e pensare alle mail a cui dobbiamo rispondere non è un dristhi. Naturalmente è un lavoro difficile e ci costringe a controllare la nostra mente per riportarla in un determinato luogo. Sappiamo bene quanto questo, a volte, possa essere complicato.

Mettiamo tutto insieme…

La Prima Serie è il campo di allenamento per tutti questi elementi. Non solo le asana. Non solo il respiro, o solo i bandha, o solo il dristhi, ma l’integrazione di tutti questi elementi. La prima serie è il luogo in cui piantiamo i semi del Tristana e li innaffiamo, così da farli sbocciare nel fiore di una pratica integrata.”
David Keil – precedente pubblicazione: Elephant Journal
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