Traduco oggi un bellissimo post di
Return Yoga , che mi è stato segnalato da un famoso insegnante di J
ivamukti Yoga, Dechen Karl Thurman. Parla del “lato oscuro” dello Yoga, delle emozioni non sempre positive che sperimentiamo sul tappetino durante la nostra pratica. Lo Yoga negli ultimi anni si sta trasformando sempre più da disciplina spirituale a “settore commerciale”, in cui “benessere” e “felicità” stanno diventando un pesante obiettivo per chi si avvicina a questa pratica. In questo articolo mi è parso si affronti un tema importante di cui si evita troppo spesso di parlare. Buona lettura!
Se concediamo alle nostre paure di manifestarsi, concediamo a noi stessi un’opportunità per guarire.
“Le emozioni sono la fonte primaria della coscienza. Non è possibile passare dall’oscurità alla luce, dall’apatia al movimento, senza le emozioni” – Carl Gustav Jung
Uno dei miei studenti, tempo fa, cominciò a diventare evasivo. Si presentava alle lezioni con uno sguardo sfuggente. Evitava di guardarmi negli occhi, e sembrava erigere un muro intorno al suo tappetino. Fino a quel momento, era sempre stato tra i più loquaci prima e dopo le lezioni; ora era il primo a lasciare la shala. Alla fine riuscimmo a scambiare due chiacchiere. Mi disse che stava attraversando un momento di grande attività. Mi parlò dei suoi figli. Infine, guardando nel vuoto, mi disse: “lo yoga non funziona più”. A volte, aggiunse: “tutto ciò che provo al termine della pratica è rabbia e delusione”.
La negatività fa parte del percorso
Lo Yoga è diventato un mercato costruito su parole che evocano benessere. Ho recentemente ricevuto il messaggio di un terapista che recitava: “lavoriamo entrambi nell’industria del benessere”. La promessa dell’illuminazione ci porta a credere che saremo più spirituali, e questo in qualche modo significa che ci irriteremo meno nei confronti dei nostri figli, delle nostre relazioni, dei nostri problemi economici. C’è una verità in questa affermazione: lo Yoga può mostrarci quanto sia bello essere vivi.
Ma lo Yoga può anche mostrarci con estrema esattezza quanto stiamo male. Di solito, quando emozioni sincere cominciano ad affacciarsi, gli studenti abbandonano. Saltano le lezioni o decidono che lo yoga non è quello che cercavano. Dicono che “non funziona più”. L’emozione stessa li allontana: “non sono dell’umore”, “sono troppo preso”, o “troppo depresso per muovermi”. E credetemi, si sentiranno colpevoli di sentirsi così mentre gli altri sembrano godersi il loro shavasana.
Questo non significa che lo yoga non funziona. Anzi, significa il contrario. La negatività è parte del percorso, è qualcosa che dobbiamo attraversare per riuscire a comprenderne le cause e capire noi stessi. Se non lo facciamo, neghiamo a noi stessi metà dell’esperienza della vita stessa, e probabilmente ci neghiamo l’opportunità di accedere ad una sorgente di forza tra le più potenti a nostra disposizione. Se non lo facciamo, continueremo a eludere, compensare, ripetere. Cercheremo di sostituire l’irritazione con comportamenti compensatori, di sotterrarla, finché non esploderà più avanti sotto forma di rabbia nei confronti di una persona cara, o di noi stessi.
Lo Yoga è onestà, non meraviglia
Molti di noi hanno passato la maggior parte dell’esistenza reprimendo e sotterrando sentimenti, cercando di razionalizzarli, o di sublimarli attraverso l’esercizio fisico, il cibo, le sigarette, la televisione, e relazioni squallide. Alle donne si dice di non esprimere rabbia, perché non è “carino”, non è femminile (o troppo femminile, troppo emotivo e fuori controllo). Agli uomini si chiede di esprimere sempre competenza e sicurezza. Nel continuo sforzo di sentirci meglio, molti di noi finiscono per sopprimere gli stati d’animo sostituendoli con affermazioni pseudo-psicologiche o spiritualità spicciola. Si chiama “spiritual bypass”: è un tentativo di evitare i sentimenti dolorosi, le situazioni irrisolte, o le esigenze necessarie ad una autentica evoluzione con frasi tipo “tutto accade per un motivo”, “le vie del Signore sono infinite”, o “scegli la felicità”.
Prima o poi vi capiterà di partecipare a una lezione di yoga, online o nella shala dietro casa, in cui l’insegnante comincerà a cantare. Dirà “espiriamo” con un tono di allusivo piacere. Allusione rivolta al vostro buon cuore, ai vostri bicipiti femorali, o alla vostra luce interiore. Se mi assomigliate un po’, un comportamento simile vi farà venire una stretta ai bandha. Magari un giorno, abbassandovi nella posizione del bambino, la “dolce, ricettiva, sicura” posizione del bambino, avvertirete solo noia, irritabilità e disagio. Continuerete ad alzare la testa dal tappetino cercando l’orologio. Quel giorno, nella vostra testa inizierete ad insultare il vostro gentilissimo insegnante mentre pronuncia frasi vuote a proposito dell’amore che sorge dal vostro quarto chakra.
La verità è semplice. Lo yoga non è meraviglia: è onestà. La spiritualità non è una certezza, ma un desiderio del cuore. L’illuminazione non è “lasciar andare” i sentimenti negativi, ma comprenderli, capire cosa provocano in noi, e come si esprimono nel nostro corpo. La non violenza e il perdono non si traducono in generosità, nell’essere condiscendenti o migliori di qualcun altro, ma si esprimono nel comprendere la difficoltà dell’azione corretta, e nel diventare responsabili di questa difficoltà. Il perdono spesso deriva dal riconoscere l’amarezza e la delusione che proviamo. L’amore non è sempre e solo gioia. A volte, l’amore fa male.
Lo Yoga è una storia d’amore. Non una storia d’amore romanzata e sdolcinata: una storia d’amore autentica. Una di quelle che ti trasforma per sempre.
Le emozioni sono una porta verso l’interiorità. L’obiettivo non è esistere senza ombre, diventare così spirituali da non sentirci più grassi, annoiati, gelosi o impazienti. L’obiettivo è ingoiare la pillola amara con la volontà di affrontare l’oscurità.
Attraversare le ombre
Poiché lo Yoga ci chiede di lavorare sia con il corpo che con la mente, i risultati saranno inevitabilmente incasinati. Ci saranno momenti in cui il corpo manifesterà rabbia, impazienza, tremore, senza che la mente riesca a capirne il perché. Ci saranno giorni in cui la noia e la solitudine saranno così forti, da provocare dolore fisico. Ci saranno cinquemila modi in cui la mente proverà a dirci che non vale la pena, non funzionerà, che l’amore non è reale.
E tuttavia, lo Yoga in qualche modo già ci ha messo sulla strada giusta. Abbiamo tutti provato sulla nostra pelle che l’amore – romantico, etico, compassionevole – è la sola realtà. Il meglio del nostro essere umani è sottile, misterioso, ed è connesso direttamente alle nostre ombre. La vita è al tempo stesso insopportabilmente crudele e incredibilmente dolce, e spesso contemporaneamente. Le ombre appariranno. Andiamo loro incontro. Apatia, desolazione, disperazione, si muovono se noi le avviciniamo. Non è il passare del tempo a guarirci, ma il passare attraverso le esperienze.
Ci sono centinaia di voci che ci dicono “supera questo momento”, “pensa positivo”, o “lascia andare”. Facciamo attenzione a non lasciarci distrarre o portare fuori strada.
Lo Yoga è la storia d’amore in cui tutto sembra crollare. Dio se ne va, spesso togliendoci il terreno sotto i piedi. Passati i primi mesi di meraviglia, la sensazione di imparare qualcosa di nuovo ad ogni lezione ci abbandona. Se ne va la voglia di praticare tre volte a settimana, la forza nelle spalle, la capacità di mantenere un’alimentazione corretta, il senso di autorealizzazione.
Ma improvvisamente, nel cuore sentiamo qualcosa. E poi qualcos’altro ancora.