Tutto quello che avreste voluto (e dovreste) sapere sui Chakra

“Nella tradizione Tantrica, i chakra (cakra in sanscrito) sono punti focali per la meditazione posti all’interno del corpo, visualizzabili come strutture energetiche simili a cerchi o fiori verso cui convergono le nadi o meridiani. Sono strutture concettuali ma con un fondamento fenomenologico, poiché tendono ad essere localizzati in aree corporee in cui l’essere umano esperisce energie emotive e/o spirituali, ed è per questo che la forma con cui sono visualizzati riflette l’esperienza visionaria di chi medita” (Christopher Wallis)

Qualche giorno fa un’insegnante di Ashtanga Yoga che stimo molto, Susanna Finocchi, ha condiviso su facebook un interessantissimo link su un tema davvero molto abusato: i Chakra. Aprite un qualsiasi sito sullo Yoga e troverete sicuramente un articolo sui chakra, che ne spiega il significato in modo più o meno suggestivo. Ciò che evidentemente salta all’occhio di chi studia attentamente queste materie è che la maggior parte delle spiegazioni si rifà ad interpretazioni di stampo chiaramente occidentale, con riferimenti molto evidenti all’analisi junghiana, all’esoterismo occidentale, o ad elementi “new age”. Non solo: molte delle istruzioni più importanti relative ai Chakra ci sono state insegnate da persone che non hanno una preparazione in sanscrito, e che hanno appreso ciò che sanno da altre persone, che a loro volta non conoscono questa lingua né le scritture fondamentali su cui i Chakra sono comparsi per la prima volta. L’articolo in questione per diversi aspetti lascerà sorpresi molti di voi: il mio consiglio è di leggerlo con grande attenzione, perché quando trattiamo di pratiche esoteriche o sciamaniche è sempre importante sapere bene sia da dove originano, che come approcciare l’elemento su cui vogliamo lavorare. Per evitare di far danni, se pure animati dalle migliori intenzioni, ma soprattutto per trarne un vero beneficio. Come sempre vi rimando all’articolo originale, scritto da uno studioso di sanscrito: ma per chi con l’inglese ha qualche difficoltà, ecco la mia traduzione. Vorrei solo aggiungere una nota: sebbene, come riferisce l’articolo, il concetto di chakra attualmente utilizzato in occidente si discosti ormai notevolmente da quello originale indiano, dobbiamo anche valutare quali “contaminazioni” occidentali siano o meno degne di nota. L’interpretazione di stampo junghiano, ad esempio, ha indubbiamente una sua validità (sarebbe del resto un po’ arrogante svalutare il lavoro di Jung e il suo impegno nell’incorporare le filosofie orientali al pensiero occidentale). Ed è anche importante aggiungere che, come tutte le discipline, anche lo yoga è in continua evoluzione e soggetto ad innovazione. Si tratta solo di valutare con spirito critico quali innovazioni siano effettivamente fondate su basi solide, e quali invece siano frutto di voli pindarici un po’ troppo fantasiosi.

I CHAKRA, QUESTI SCONOSCIUTI – di Christopher Wallis

“Negli ultimi cento anni e più, il concetto di Chakra, o centri energetici sottili all’interno del corpo, ha catturato l’immaginazione occidentale più di qualsiasi altro insegnamento yogico. Eppure, come avviene per molti concetti che derivano dal Sanscrito, l’occidente (ad eccezione di pochissimi studiosi) ha fallito in pieno nell’afferrare l’autentico significato dei chakra, il loro contesto, e come utilizzarli nella pratica.

Christopher “Hareesh” Wallis

Chiariamo innanzi tutto che per “occidente” non parlo solo di cultura europea o Americana, ma anche di quegli aspetti della cultura Indiana più influenzati dalla matrice culturale occidentale. Ma per tagliare corto, vi dico subito che lo yoga “occidentale” non ha capito praticamente niente dell’idea autentica alla base dei Chakra. Se leggete libri come “Le Ruote della Vita” di Anodea Judith, ad esempio, sappiate che non state leggendo un lavoro sulla filosofia yoga ma sull’occultismo occidentale, basato su tre fonti principali: 1) opere precedenti di occultismo occidentale che hanno utilizzato termini in sanscrito senza conoscerne il reale significato (come “I Chakra” di C.W. Leadbeater, del 1927) 2) la traduzione piena di errori di John Woodroffe, del 1918, di un testo sui Chakra scritto in sanscrito nel 1577; e 3) i libri sui guru dello yoga indiano del 20esimo secolo, che a loro volta si basano sulle fonti di cui al punto 1) e 2). I libri sui Chakra elaborati su una comprensione solida delle fonti originali in sanscrito sono a disposizione solo nel mondo accademico. “E’ così importante?”, mi chiedono i praticanti di Yoga. “Sono libri che mi hanno fatto tanto bene, non portarmeli via!”. Certo che no. Se avete tratto dei benefici da qualsiasi fonte, vi credo sulla parola. Ma mi permetto di dirvi due cose: prima di tutto, che gli autori occidentali che scrivono di chakra asserendo di presentare insegnamenti antichi, stanno mentendo – anche se non sanno di farlo, perché non sono in grado di provare la validità delle loro fonti, non conoscendo il sanscrito. E in secondo luogo, per chi fosse interessato, sono qui a dirvi qualcosa sul concetto originale dei chakra, grazie al fatto che sono uno studioso di sanscrito che preferisce verificare le fonti leggendole in lingua originale. A questo punto scegliete voi quale metodo applicare. Non voglio dirvi che il più antico sia a tutti i costi il migliore, né voglio togliere valore all’occultismo occidentale. Cerco semplicemente di consegnarvi la versione originale in un linguaggio semplice e comprensibile, elencandovi sei fatti sui chakra di cui probabilmente ancora non eravate a conoscenza.

  1. nella tradizione autentica non esiste un solo sistema di chakra, ma molti.

Moltissimi! La teoria del corpo sottile e dei suoi centri energetici chiamati cakras (o padmas, ādhāras, lakyas, etc.) deriva dalla tradizione dello Yoga Tantrico, Tantrik Yoga, che fiorì tra il 600 e il 1300, e che è ancora oggi molto viva. Nello Yoga Tantrico successivo al 900, ciascuno dei rami della tradizione articolava uno (o più) sistema chakra diverso. In alcuni i chakra erano 5, in altri 6, 9, 10, 15, 21, 28 o più, a seconda dei testi (n.d.t.: lo stesso Krishnamacharya, in Yoga Makaranda, si riferisce al sistema di 10 chakra). I sette chakra (o tecnicamente 6 + 1) con cui lo yogi occidentale ha familiarizzato è solo uno dei molti sistemi, ed è diventato dominante a partire dal 16esimo secolo (vedi più avanti al punto 4). Vi starete ora chiedendo quale sia il sistema “corretto”, e quanti siano in realtà questi chakra. E qui arriviamo al primo grande fraintendimento. I chakra non sono come gli organi del corpo fisico, non sono fatti che possiamo studiare come i dottori studiano i gangli nervosi. Il corpo energetico è una realtà estremamente fluida, come è giusto aspettarsi da qualsiasi cosa vada al di là della materia organica. Il corpo energetico può presentare, sul piano esperienziale, un numero diverso di centri energetici, a seconda della persona e della pratica yogica che questa sta eseguendo. Ciò detto, alcuni di questi centri sono rilevabili in tutti i sistemi. Nello specifico, i chakra che si trovano nella parte bassa dell’addome, nel cuore e nella corona della testa, poiché queste sono aree del corpo in cui tutti gli esseri umani al mondo sperimentano fenomeni emotivi e spirituali. A parte questi tre, la varietà dei sistemi chakra è immensa nella letteratura originale. Non ce n’è uno più corretto di un altro, a meno che non ci riferiamo ad una pratica specifica. Ad esempio, se stiamo eseguendo una pratica basata sui cinque elementi, stiamo utilizzando un sistema di cinque chakra (vedi al punto 6). Se stiamo interiorizzando l’energia di sei diverse divinità, stiamo utilizzando un sistema di sei chakra. Peccato che queste informazioni non siano ancora arrivate agli yogi occidentali. Siamo solo all’ingresso del buco del coniglio di Alice. Volete saperne di più?

  1. I sistemi dei chakra sono prescrittivi, non descrittivi. 

Questo è forse uno dei punti più importanti. Le fonti inglesi presentano il sistema chakra come un fatto esistenziale, utilizzando un linguaggio descrittivo (come “muladhara chakra si trova alla base della colonna, ha quattro petali”, etc.). Ma nelle fonti originali in sanscrito, non veniamo istruiti sulla forma delle cose, bensì su una pratica yogica specifica: ci viene chiesto di visualizzare un oggetto sottile fatto di luce colorata, a forma di loto o di ruota, in un punto specifico del corpo, attivando contemporaneamente un mantra, per uno scopo specifico. Quando in sanscrito leggiamo letteralmente “loto a quattro petali alla base della colonna”, si intende “lo yogi deve visualizzare un loto a quattro petali…” (leggete il punto 5 per saperne di più).

  1. gli stati psicologici associati ai chakra sono di origine moderna e occidentale.

Su un numero infinito di siti e di libri eggiamo che muladhara chakra è associato alla sopravvivenza e al senso di sicurezza, che manipura chakra è associato alla volontà e all’autostima, etc. Lo yogi consapevole deve sapere che tutte le associazioni dei chakra agli stati psicologici sono un’innovazione moderna e occidentale che ha avuto origine con l’opera di Carl Gustav Jung. Forse queste associazioni hanno un senso per alcuni praticanti, ma sicuramente non sono presenti nelle scritture originali in sanscrito. L’unica eccezione di cui sono a conoscenza è il sistema dei 10 chakra per lo yoga della musica, a cui ho dedicato un post. 10-chakra system for yogi-musicians . Ma in quel sistema del 13esimo secolo non troviamo un chakra associato ad una specifica emozione o stato psichico. Bensì, ogni petalo di ogni chakra è associato ad una emozione o stato, e non si parla di un sistema in grado di collegare un chakra intero ad una specifica emozione/stato mentale.

Ma non è tutto. Praticamente tutte le associazioni citate nel libro di Anodea Judith “Le Route della Vita” non hanno alcun riferimento a fonti originali indiane. Ogni chakra, ci dice la Judith, è associato ad una ghiandola endocrina, a disfunzioni organiche, a determinati alimenti, metalli, minerali, erbe, pianeti, percorsi yogici, arcangeli di origine cristiana, simboli del misticismo ebraico. Nessuna di queste associazioni è di origine indiana. Sono percezioni create dalla Judith o dai suoi maestri su presunte similitudini. E lo stesso vale per qualsiasi libro in cui si associno ai chakra oli essenziali, cristalli etc. (Vorrei tuttavia sottolineare che la Judith riferisce anche informazioni derivanti da una fonte originale in sanscrito, e che i miei commenti non hanno nulla di personale: lei è effettivamente una persona deliziosa che ha fatto del bene a molte persone).

Quanto detto non significa che mettere un cristallo sul vostro ombelico visualizzando manipura chakra non abbia ripercussioni sulla vostra autostima. Magari vi farà stare meglio, è un fatto soggettivo. Ma è importante dire che non si tratta di una pratica tradizionale indiana e che non è stata testata da generazioni (che è poi il punto fondamentale di qualsiasi tradizione). Detto questo, tutto è possibile; ma per come la vedo io, è importante che le persone sappiano quando una pratica ha un pedigree di qualche decennio, e quando sia antica di secoli. Se la pratica ha un valore intrinseco, non è necessario falsificarne la provenienza.

  1. il sistema dei sette chakra oggi così famoso non deriva da una scrittura, ma da un trattato del 1577.

Il sistema dei sette chakra seguito dagli yogi occidentali deriva da un testo sanscrito scritto da Purnananda Yati. Il trattato, anzi il sesto capitolo di un più vasto lavoro, noto come “Spiegazione dei sei chakra”, fu completato nel 1577. In una versione precedente di questo post, ho descritto il sistema dei sette chakra come “di tarda origine e in un certo senso atipico”. Ma dopo qualche giorno mi sono accorto che era un errore: una versione più semplice di questo sistema è riscontrabile in un testo postscritturale del 13esimo secolo, chiamato Śāradā-tilaka (‘Sarasvatī’s Ornament’). Molti yogi, tuttavia (sia indiani che occidentali) conoscono il sistema dei 7 chakra solo grazie all’opera di Purnananda, o piuttosto grazie alla sua traduzione – un po’ confusa e incoerente – autografata da John Woodroffe nel 1918. Il testo è tuttavia di grande importanza per molte tradizioni in India, al giorno d’oggi. Lo sarebbe stato, senza la traduzione di Woodroffe? Credo di no, perché nell’India moderna sono in pochi a leggere in scioltezza il sanscrito.

Ciò che importa, comunque, è il fatto che la tradizione stessa considera i testi scritturali infallibili e gli autori fallibili, quindi è ironico che gli yogi moderni trattino il sistema dei 7 chakra di Purnananda come un metodo rivelato in modo trascendente. Personalmente ritengo che niente di scritto possa essere considerato infallibile, ma se volete riverire un testo yogico come una rivelazione divina, penso sia più logico farlo nei confronti di un testo che afferma di essere tale – come le scritture tantriche originali (composte prima del 1300). Naturalmente Purnananda basa la sua opera su fonti più antiche – ma questo non significa che le avesse comprese perfettamente (vedi al punto 6). Riassumendo il sistema dei sette chakra che conosciamo oggi si basa su una sommaria traduzione di una fonte non scritturale. Ciò non ne sminuisce il valore, ma problematizza la sua egemonia. Notate inoltre che il Buddismo Tantrico (tipico del Tibet) spesso preserva forme più antiche, e in quella tradizione il sistema dominante è quello dei cinque chakra. Maggiori riferimenti a questa tradizione sono disponibili nel mio libro, Tantra Illuminated.

  1. LO SCOPO DEL SISTEMA DEI CHAKRA è DI FUNZIONARE COME MODELLO PER IL NYĀSA

Se ci rivolgiamo agli autori originali, lo scopo principale di qualsiasi sistema di chakra è essere un modello per il nyāsa, ovvero l’installazione di mantra ed energie divine in punti specifici del corpo sottile. Quindi, sebbene milioni di persone oggi siano affascinate dai chakra, quasi nessuno li utilizza per il loro scopo originale. Non voglio dire che stiano sbagliando, ma desidero correggere l’informazione, per chi è interessato.

Le caratteristiche più interessanti del sistema chakra nella fonte originale sono due: 1) che i suoni mistici dell’alfabeto sanscrito sono distribuiti attraverso i petali di tutti i chakra di un dato sistema, e 2) che ogni chakra è associato ad una divinità Hindu. E questo perché il sistema dei chakra è, come ho detto, principalmente un modello per il nyāsa. Nel nyāsa, visualizziamo una sillaba mantrica in un’area specifica all’interno di un chakra specifico, all’interno del corpo energetico, intonandone silenziosamente il suono. Chiaramente, questa pratica è intrisa di uno specifico contesto culturale, in cui il Sanscrito è visto come un linguaggio dalle vibrazioni potentissime, in grado di formare una parte effettiva di una pratica mistica, il cui scopo è la liberazione spirituale o benefici mondani attraverso mezzi magici. Invocare l’immagine e l’energia di una specifica divinità all’interno di uno specifico chakra è decisamente legato ad una cultura. Se gli Yogi occidentali comprendessero il significato di ciascuna di queste divinità, la pratica potrebbe rivestire anche per loro un significato profondo, sebbene meno coinvolgente di quello esperibile da chi è cresciuto con queste divinità fortemente radicate nel contesto sociale e nel suo subconscio. Le divinità causali (karana-devatās) sono largamente presenti in qualsiasi sistema di chakra. Sono divinità che formano una sequenza fissa. Dal chakra più basso al più alto, esse sono Indra, Brahmā, Vishnu, Rudra, Īśvara, Sadāśiva, and Bhairava, anche se la prima e l’ultima divinità spesso non appaiono, a seconda del numero di chakra del sistema analizzato. L’ultima divinità causale non è mai l’ultima divinità di quel sistema, poiché quella divinità risiede nel sahasrāra, sulla o al di sopra della corona della testa (che tecnicamente non è un chakra, poiché i chakra per definizione vengono perforati dalla Kuṇḍalinī ascendente, e sahasrāra ne è la destinazione). Quindi, Bhairava (la forma più esoterica di Shiva) è inclusa nella lista delle divinità causali solo quando è trascesa dalla Dea.

  1. i bija mantra comunemente associati ai chakra sono in realtà collegati agli elementi da essi contenuti. 

Questo è più semplice di come sembra. Vi è stato detto che il mantra di una sillaba (il cosiddetto bija mantra) di mūlādhāra chakra è LAM. Non è così. Non secondo alcuna fonte sanscrita, e tantomeno Purnananda ne ha mai parlato. E vale anche per gli altri bija mantra. Semplice: LAM è il bija mantra dell’elemento Terra, che nella maggior parte delle pratiche di visualizzazione è sito in mūlādhāra. VAM è il bija mantra dell’elemento acqua, sito in svadhistana (ovviamente nel sistema dei sette chakra con cui abbiamo familiarità). E così via: RAM è l’elemento Fuoco, YAM Aria, HAM Etere.

Quindi il punto focale è che i mantra fondamentali associati ai primi cinque chakra su qualsiasi sito di yoga in realtà non appartengono a questi chakra, ma ai cinque elementi siti nei chakra. E’ importante comprendere questo punto, se si desidera portare uno qualsiasi di questi elementi in un’altra area. Sì, lo potete fare. Non vi siete mai chiesti che effetto possa avere continuare a portare l’elemento Aria nel centro energetico del cuore? (Ricordate: YAM è il mantra dell’elemento Aria, non di anāhata chakra). Vi siete forse accorti che gli yogi moderni hanno spesso relazioni sentimentali instabili? Che ci sia una correlazione con la continua invocazione dell’elemento Aria a livello del cuore? Forse è il caso di portare un po’ di Terra in questo chakra, perché la stabilità può solo fargli del bene. In questo caso, sarà meglio sapere che LAM è il mantra dell’elemento Terra, e non di mūlādhāra-chakra. (Notate che tradizionalmente, sebbene gli elementi possano essere portati in diverse parti del corpo, non possono cambiare la loro sequenza prestabilita. Ovvero, possono andare su o giù a seconda di una data pratica, ma la Terra è sempre l’elemento più basso, seguito dall’Acqua, etc.). Inoltre, alcune delle figure geometriche associate ai chakra oggi appartengono in realtà agli elementi sopra citati. La Terra è tradizionalmente rappresentata da un quadrato giallo, l’Acqua da una mezzaluna argentea, il Fuoco da un triangolo rosso con la punta rivolta in basso, l’Aria da un esagramma o da una stella a sei punte, e l’Etere da un cerchio. Quindi, quando vedete queste figure iscritte nelle illustrazioni dei chakra, sappiate che esse rappresentano in realtà gli Elementi, e non una geometria inerente al chakra stesso.

E questo mi porta all’ultimo punto di discussione. Anche una fonte sanscrita può essere confusa. Per esempio, nel testo del 16esimo secolo di Purnananda, si trova la base del modello dei chakra più popolare, in cui i cinque elementi sono situati nei primi cinque chakra del sistema a sette chakra. Ma non funziona proprio così, perché in tutti i sistemi classici, l’Etere è sito sulla corona della testa, poiché è lì che lo Yogi esperisce l’espansione verso l’infinito. L’Etere è l’elemento che si fonde con l’infinito, e deve quindi trovarsi alla corona.

Insomma, ho appena scalfito la superficie di questo argomento. Sul serio. E’ davvero un tema complesso, come potete vedere da soli consultando la letteratura accademica al riguardo, come le opere di Dory Heilijgers-Seelen o di Gudrun Bühnemann. Ci vuole immensa pazienza per leggere simili opere, figuriamoci per produrle. Ecco insomma la morale di questo post: un po’ di umiltà. Lanciamoci un po’ meno in dichiarazioni autoritarie quando trattiamo di materie esoteriche. Non sbandieriamo concetti incerti sui chakra durante le nostre lezioni di yoga. Io, dopo 12 anni di studio del sanscrito, mi sento ancora umilissimo davanti alla complessità delle fonti originali. Ci troviamo ancora in territori vastamente inesplorati. Perciò, quando parlate di chakra, non affermate di sapere tutto. Spiegate ai vostri studenti che tutti i libri sui chakra presentano, per la maggior parte, un solo modello. Nessun testo in inglese ha realmente autorità in materia di yoga. Quindi perché non cerchiamo di essere più morbidi sulle nozioni che abbiamo appreso, ricordandoci che stiamo ancora imparando? Ammettiamo che ancora non comprendiamo appieno queste antiche pratiche yogiche: e invece di cercare di essere un’autorità nella loro versione super semplificata, invitiamo noi stessi e i nostri studenti a guardare con attenzione, onestà, chiarezza e umiltà la nostra personale esperienza.”

Traduzione e commenti, Francesca d’Errico

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2 commenti

  1. Trovo questo articolo pesante…cerchiamo di dare una chiara lettura su ciò che ha tradotto dal sanscrito sui chakra…e lasciamo perdere chi da occidentale ha provato a fare un lavoro…energie sottili non papabili, dove nulla è certo…dove non si sa se la pratica, se la posizione yoga, se la visualizzazione di una divinità possa realmente portare benefici.. più chiarezza e meno chiacchiere.

    • Ciao Barbara, l’articolo a me sembra molto chiaro. Non si affronta il “se” seguire la tradizione millenaria porti o meno dei risultati. L’autore che è un noto studioso di sanscrito si limita a sottolineare quale sia il significato autentico dei chakra e qual era il loro utilizzo tradizionale, distinguendo il lavoro che è stato fatto in seguito, che è di pura interpretazione occidentale. Che sia o meno sbagliato, che produca o meno risultati, lo stesso autore all’inizio dell’articolo sottolinea che non è di sua competenza. E’ un po’ come se gli indiani avessero dato una loro interpretazione dei simboli cristiani: non è né giusto né sbagliato, ma appunto sarebbe un’interpretazione. L’autore ci vuole informare correttamente in modo che sia poi una nostra scelta consapevole la strada da seguire.

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