… Ovvero standardizzare ciò che non ha standard
Recentemente mi sono occupata su queste pagine della difficile situazione dello Yoga e degli organismi che tentano di creare degli standard per l’insegnamento di questa disciplina (come la Yoga Alliance). Scorrendo l’interessante blog di James Dylan Russell, ho scoperto che anche in UK, dove mi sono formata come insegnante dieci anni fa, la situazione si sta complicando, riflettendo un dilemma che sta diventando di proporzioni globali. La domanda che si pone sempre più frequentemente, soprattutto tra praticanti avanzati e insegnanti, è se è davvero possibile identificare degli standard che qualifichino all’insegnamento dello Yoga, e sotto quale egida debba finire la nostra amata pratica. In Italia, al momento sembra che il CONI stia per cambiare idea togliendo lo Yoga dalle discipline sotto il suo patrocinio, azione che getterebbe non poco scompiglio a livello organizzativo e fiscale per quasi tutte le scuole italiane (sebbene io stessa nutra delle perplessità sull’inserimento dello Yoga tra le discipline sportive, principalmente perché la sua caratteristica è proprio l’assenza – almeno come principio – di competizione nella pratica).
Anche all’estero la situazione si fa difficile. Si direbbe che, un po’ ovunque, le amministrazioni pubbliche abbiano “fiutato” nel dilagare dello Yoga aria di business, e più che interessarsi alla qualità dell’insegnamento, rivolgano la loro attenzione a come tassare quella che probabilmente ritengono una fonte di guadagni (ahimé assai scarsi, e chi lavora seriamente lo sa) finora passata inosservata. In realtà, e chi insegna lo sa bene, a guadagnare non sono quasi mai scuole ed insegnanti, che si limitano a restare a galla, ma i business paralleli allo yoga, che sfruttano la sua attuale popolarità in modo più o meno onesto. Ma questa sarebbe materia di un altro post: quello che mi ha colpito nell’articolo di James è invece l’aspetto filosofico che sottende la questione, ovvero se sia davvero possibile, in quale misura e da parte di chi, creare uno standard identificativo per chi insegna con serietà e passione. Lascio a voi le riflessioni del caso, e traduco qui di seguito il bellissimo lavoro di James.

Hatha Yoga Pradipika – immagini di Global Hindus
“La comunità Yogica britannica si è recentemente trovata a discutere in modo acceso la proposta governativa di creare degli standard occupazionali nazionali per l’insegnamento dello Yoga (National Occupational Standards, NOS). Molti insegnanti mettono in dubbio le capacità dell’organizzazione preposta all’identificazione di questi standard, la Skills Active (SA), che sta rivolgendo la sua attenzione proprio alle forme di Hatha Yoga.
‘Il NOS si limiterà a coprire l’insegnamento dei principi fondamentali dell’Hatha Yoga, e non intende controllare o classificare i singoli insegnanti, le loro pratiche e il loro credo. Il processo di sviluppo del NOS si concentrerà sull’insegnamento dell’hatha yoga, che non prevede pregiudizi, scopi o obiettivi religiosi, quindi promuoverà lo yoga in senso inclusivo, aperto ad ogni fede e non confinato ad una sola’ (C. Larissey, Standards & Qualifications, SA)
Da praticante di Hatha Yoga, questa dichiarazione mi porta a considerare:
- Quali sono, ed esistono, i “principi fondamentali dell’Hatha Yoga”?
- E’ corretto dire che l’hatha yoga non ha pregiudizi, scopi o obiettivi religiosi?
Cos’è l’Hatha Yoga?
Hatha Yoga è una definizione generica che denota una serie di tecniche fisiche ed energetiche che facilitano l’esperienza dello Yoga. ‘Hatha’ è un termine sanscrito che significa ‘forza’. Tradizionalmente, il termine “qualifica gli effetti delle sue tecniche, piuttosto che gli sforzi richiesti per eseguirle” (Birch, 2011). Per esempio, l’esperienza dell’energia ascendente della kundalini attraverso l’asse centrale del corpo potrebbe essere definita una di queste ‘forze’.
Una interpretazione alternativa, e più recente, fornita da Sri K. Pattabhi Jois, recita:
“Per comprendere il termine Hatha, dobbiamo sapere che ‘ha’ identifica Surya Nadi (il canale energetico solare), e ‘tha’ Chandra Nadi (il canale energetico lunare). Il processo di controllo del prana (respiro) che si muove attraverso queste due nadi è conosciuto come Hatha Yoga”.
Entrambe le interpretazioni puntano ad una metodologia di trasformazione fisica, in cui l’energia sottile è diretta all’obiettivo ultimo, ‘moksa’ – o la liberazione dello/a yogin durante la sua esistenza terrena.
Origini
“Ode a Sri Ganesha/l’Hatha-pradipika è ora composto/mi inchino a Sri Adinath – Shiva, che propagò la saggezza dell’Hatha Yoga, che è considerata la scala per raggiungere il più alto stato del Raja Yoga” (Hatha-pradipika 1.1)
L’Hatha Yoga si è sviluppato originariamente nel nono-decimo secolo ed è una sintesi di Tantra e Ascetismo, che consolida un vasto spettro di tecniche che si concentrano sul contenimento dell’energia sottile; trattenimento del seme e risveglio di una potente energia spirituale – ‘kundalini sakti’. I pionieri dell’hatha yoga erano asceti che vivevano ai margini della società indiana. Inizialmente, i loro insegnamenti venivano trasmessi oralmente, e a partire dall’undicesimo secolo vennero trascritti in sanscrito. L’Hatha Yoga crebbe quindi in popolarità attirando a sé seguaci Induisti, Buddisti, Jainisti, Musulmani e Sufi. Uno dei primi manuali illustrati di hatha è un testo persiano chiamato ‘Bahr al-hayat’ – Acqua di Vita (1602).
Sebbene l’interesse nell’hatha yoga incontri un declino tra il 18esimo e il 19esimo secolo, il 20esimo secolo mostra un rinascimento di questa disciplina, capeggiato da maestri come T. Krishnamacharya, Swami Kuvalayananda e Swami Sivananda, che combinano l’hatha con lo Yoga di Patanjali, i Neo-Vedanta e il Tantra.
Nel convergere con la modernità, i parametri e l’identità dell’hatha sono mutati, e molti dei suoi elementi più estremi ed esoterici si sono persi. L’automortificazione si è intersecata con la cultura fisica occidentale: il patriarcato con il femminismo e la rinuncia con il consumismo. La pratica che ne è emersa promuove l’hatha come un’attività che mira alla salute e al benessere a tutto tondo. In questa nuova veste l’hatha yoga è stato esportato con successo in occidente, dove vive una rinnovata popolarità.
L’Hatha moderno
Contemporaneamente, lo yoga transnazionale è spesso caratterizzato dall’enfatizzazione degli asana – posizioni, al punto che per molti la parola ‘hatha’ è diventato sinonimo di posture:
“Hatha si riferisce semplicemente alla pratica delle posizioni fisiche dello yoga, quindi Ashtanga, Vinyasa, Iyengar e Power Yoga sono tutti appartenenti all’Hatha Yoga” (YogaJournal.com – n.d.t.: e questa definizione superficiale arriva dalla testata di Yoga più famosa al mondo. Aiuto).
I ricercatori hanno coniato il termine ‘Yoga Posturale Moderno’ per distinguere questo approccio dal più vasto sistema dell’hatha yoga. Per alcuni insegnanti, ‘hatha’ può sembrare un’etichetta sempre più ridondante e legata a un sistema medievale che ha ben poco a che fare con la loro personale interpretazione dello yoga. Molti altri insegnanti continuano ad allineare il loro yoga con l’hatha, ed è uso comune trovare l’hatha yoga nell’orario di centri o palestre – termine che solitamente denota una lezione facile, che può contenere una varietà di pratiche.
L’Hatha Yoga è alla fine un concetto amorfo, generico, in cui il significato è costruito, formato e adattato attraverso le pratiche e le esperienze condivise da chi vi partecipa.
I principi fondamentali dell’Hatha Yoga?
Tra i testi principali e fondamentali dell’hatha yoga sono riconosciuti: ‘Hatha-pradipika (15esimo secolo), ‘Siva Samhita (16esimo) e ‘Gheranda Samhita’ (17esimo). Sono testi che descrivono in dettaglio molti dei gruppi chiave delle pratiche comuni a quasi tutte le tradizioni:
- Yama & Niyama – restrizioni etiche e osservanze individuali (HP)
- Asana – posture (HP, GS)
- Sat-karma/Kriya – purificazioni (HP, GS)
- Mudra & Bandha – continimento delle energie sottili (HP, GS, SS)
- Pratyahara – ritiro sensoriale (GS)
- Pranayama & Kumbhaka – regolazione/sospensione del respiro/forza vitale (HP, GS)
- Dhyana – meditazione (HP, GS, SS)
- Samadhi – chiara percezione (HP, GS, SS)
Sebbene queste componenti formino la base pratica dell’hatha yoga, la definizione ‘principi fondamentali’ è inadatta, poiché le pratiche non sono prescritte come pre-requisiti assoluti o soggetto di fede.
All’interno del più vasto contesto dello yoga, alcuni autori hanno posizionato l’hatha come ausiliario alla pratica del raja yoga (yoga regale) che viene variamente ascritto al Tantra o allo Yoga di Patanjali: “Non è possibile avere successo nel Raja Yoga senza Hatha, e viceversa” (Hathatatvakaumudi 2.28)
Spiritualità rappresentata
A differenza di tradizioni yogiche antecedenti, in cui il corpo è respinto come un ostacolo alla liberazione, gli hatha yogin utilizzano il corpo come strumento per la liberazione, e in virtù del loro ‘sadhana’ (pratica), trasformano il ‘ghata’, il vascello corporeo, da mondano a divino.
“L’Hatha Yoga non cerca la mera esperienza trascendentale. Il suo obiettivo è trasformare il corpo umano rendendolo un veicolo utile alla realizzazione individuale”. (Fuerstein 1990)
La concezione del corpo è metafisica: è percepito come una sottile matrice di canali e vortici energetici, attraverso i quali l’energia spirituale e il potenziale super-umano posso essere percepiti e resi manifesti.
“Il corpo non è, per l’hatha yogin, mera massa di materia vivente, ma ponte mistico tra esistenza fisica e spirituale” (Aurobindo, 1970)
Pregiudizio religioso
- “Religione: una serie di credo relativi alla causa, alla natura e allo scopo dell’universo, specialmente quando lo si considera la creazione di uno o più agenti super umani, solitamente comprensiva di osservanze e rituali votivi, e spesso contenente un codice morale che governa la condotta delle vicende umane.
- Una specifica serie di credo e pratiche generalmente concordate da un numero di persone o da sette: la religione cristiana, la religione buddista.
- Un corpo di individui che aderiscono ad una particolare serie di credo e pratiche.” (dictionary.com)
Se ci basiamo sulle definizioni sopra elencate, l’hatha yoga corrisponde a molti dei criteri di una religione:
1. Una serie di divinità e agenti sovrannaturali vengono citati in seno alla sua letteratura. Queste entità sono generalmente associate all’Induismo, o al suo vernacolo precedente, ‘Sanatana-Dharma’.
“Una volta avvicinai Brahma, che sedeva su un fiore di loto, dotato di quattro volti, eterno e non deperibile, creatore del mondo e di tutti i suoi oggetti animati e inanimati, noto come ‘parameshti’. Esprimendogli la mia devozione e prostrandomi dinanzi a lui con riverenza, gli chiesi della materia (lo Yoga) di cui voi mi chiedete ora” (Yoga Yajnavalkya 1.17-18).
Sebbene il panteon delle divinità frequenti i testi dell’hatha, e le pratiche votive facciano parte del sadhana di alcuni yogin, le tecniche non sono settarie. Il credo in dottrine teologiche o nell’eziologia è opzionale, così che il successo nell’hatha yoga non dipende dalla fede o dalla provvidenza divina. Un ‘codice morale che regola le vicende umane’ è presente nel corpo dei dieci Yama e dieci Niyama, restrizioni etiche e osservanze individuali (in modo simile, l’Ashtanga Yoga di Patanjali contiene 5 yama e 5 niyama).
“Per essere degni di insegnare, gli studenti devono prima rispettare i requisiti morali noti come Yama e Niyama, pre-requisiti morali allo studio dello Yoga” (Theos Bernard, 1950).
2. I praticanti partecipano ad una varietà di pratiche, condividendo e affermando il credo fondamentale che tali pratiche abbiano il potenziale di facilitare la crescita individuale. La struttura di una tipica lezione moderna di yoga è altamente ritualizzata e i temi della trasformazione e della trascendenza restano centrali. Robert Orsi ha classificato queste tipologie di esperienze e narrative condivise come “religione vissuta”.
3. La comunità globale dei praticanti di hatha è un esempio di “gruppo di persone che aderiscono ad una particolare serie di credo e di pratiche”.
Sebbene il pregiudizio religioso possa essere dimostrato con certezza, l’hatha yoga è sempre stato inclusivo – attirando e accogliendo praticanti provenienti da una moltitudine di fedi e comunità:
“Che sia un bramino, un asceta, un buddista, un jainista, un portatore di teschi o un materialista, il saggio che si impegna con fede e devozione costante alla pratica dell’hatha yoga sarà premiato con il successo” (Dattatreyyogasastra – il testo più antico sull’insegnamento dell’hatha yoga).
Scopi e obiettivi
Storicamente l’hatha yoga ha un definito proposito, che è condiviso in tutte le tradizioni: ‘Moksa’, la liberazione dall’inerente ‘Duhkham’, difficoltà del ‘Samsara’, l’esistenza terrena.
“Non c’è altra via se non lo yoga, che porta alla liberazione dell’essere umano” (Hathatatvakaumudi, 1.18)
Gli scopi associati dell’hatha yoga (passato e presente), includono: la trascendenza, l’immortalità, un corpo adamantino, il benessere, la buona salute, il contenimento del seme, i poteri soprannaturali, la pace mentale, la meditazione, la regolazione del respiro, la realizzazione individuale, l’illuminazione e la terapia. Tutte queste aspirazioni condividono la fondamentale premessa che l’hatha yoga sia un mezzo per la crescita individuale.
Conclusione
L’Hatha Yoga è un cammino di trasformazione fisica e liberazione spirituale. Sebbene il termine ‘principi fondamentali’ sia inappropriato, esistono serie distinte di tecniche comuni a molte tradizioni. Comunque, nessuna di queste parti è obbligatoria, ed è presente una considerevole libertà di adattamento e innovazione.
L’Hatha Yoga si è evoluto attraverso le lenti filosofiche e la visione del mondo del Sanatana Dharma, e, in ciò, è dimostrabile un pregiudizio. Ha inoltre definiti scopi e obiettivi. I temi della trasformazione personale, della trascendenza, della meditazione e della liberazione sono durevoli e persistenti. Un buon numero di praticanti sceglie di seguire l’hatha yoga insieme ad altre forme di yoga, spiritualità e indagine personale.
Tuttavia, per alcuni praticanti contemporanei, l’hatha yoga non è un’attività religiosa né spirituale. Un’interpretazione popolare dello Yoga è concepirlo come una serie di esercizi respiratori e di allungamento per il raggiungimento della forma fisica e della salute. Alcuni rigettano interamente il termine Hatha e la sua associazione con un sistema arcaico che ha ben poco in comune con la loro pratica.
Quindi: mentre per alcuni l’hatha yoga è una pratica religiosa, o un’aggiunta ad altre forme di religione e spiritualità, per altri non lo è. Entrambe le prospettive sono valide e importanti. La libertà ideologica si è alimentata in tutta la storia dell’hatha yoga e ritengo sia cruciale continuare ad onorare e rispettare la nostra diversità collettiva.
Nella dichiarazione rilasciata originariamente da Skills Active si dice che il NOS “non intende controllare o classificare i singoli insegnanti, le loro pratiche e il loro credo”. Tuttavia la stessa dichiarazione descrive l’hatha yoga come privo di “pregiudizio, scopo o obiettivo religioso”. Sembra esserci una contraddizione dovuta ad una scarsa comprensione della pratica stessa.
La mia preoccupazione è che se lo standard proposto si concentrasse principalmente sulla pedagogia posturale, sarebbe riduttivo e fallirebbe nell’assimilare l’immenso scopo dell’hatha yoga. Non possiamo ignorare significato, cultura, costumi e testi che appartengono a una tradizione che ha migliaia di anni. Allo stesso modo, non possiamo ignorare i mille diversi modi in cui le persone oggi scelgono di costruire significato e identità nel partecipare alle metodologie di questa tradizione. L’Hatha Yoga è un fenomeno transnazionale che affonda le sue radici nelle tradizioni spirituali dell’Asia meridionale. Come tale, ritengo che dovrebbe essere considerato in seno ad un contesto globale e dalla prospettiva dei suoi partecipanti, insegnanti, ricercatori e degli yogin indigeni.
Mi oppongo al tentativo che una minoranza che si è autoeletta imponga la sua interpretazione dello yoga su una vastissima comunità. Uno standard per l’hatha yoga che manchi di considerare l’intera vastità delle sue pratiche e la diversità dei suoi praticanti, finirebbe per legittimare la secolarizzazione, la diminuzione e la trivializzazione di una tradizione vibrante e viva.
“Non esiste uno standard per l’insegnamento dell’hatha yoga, perché non esiste uno standard per la pratica dell’hatha yoga”.
– James Dylan Russell

James Dylan Russell
Traduzione e commenti, Francesca d’Errico