
Photo: Marco Pantani
Vinyasa, jump back e jump through: croce e delizia di tutti i praticanti di Ashtanga Yoga! Personalmente, ritengo che questi due fondamentali passaggi siano non solo l’elemento che differenzia la nostra pratica da tutti gli altri metodi, ma anche e soprattutto il modo per costruire una forza che non si limita ad assisterci nella pratica, bensì estende i suoi benefici oltre il tappetino. Muscoli addominali profondi, pavimento pelvico, spalle e braccia: tutto il corpo e gli organi interni traggono profondo vantaggio dall’esecuzione corretta di questi movimenti. Nella mia opinione, è fondamentale che questi passaggi vengano insegnati correttamente fin dall’inizio. Sono proprio questi due movimenti, infatti, a costruire la forza necessaria per proseguire stabilmente nella pratica. Monica Gauci, compagna di Gregor Maehle, ne spiega l’esecuzione in questo post molto utile tratto dal blog Chintamani Yoga, che traduco per voi.
“Il segreto per eseguire il “jump through” (salto attraverso le braccia) durante i vinyasa non risiede nell’abilità di saltare, ma in quella di frenare! Chiunque può saltare. Infatti, tendiamo a trattenerci dal saltare se non possediamo la forza di frenare il nostro salto. Il nostro corpo conosce istintivamente se abbiamo o no questa forza, e sovrascrive i nostri tentativi consci di saltare per proteggerci. Che fortuna! E’ incredibile, vero?
Essere in grado di frenare significa avere sufficiente forza nella parte superiore del corpo, per controllare lo slancio e la potenza del peso del nostro corpo che viene “lanciato” attraverso le braccia. Inoltre, è necessario possedere una notevole forza per controllare la transizione della discesa del corpo verso il pavimento. Queste stesse forze entrano in gioco quando eseguiamo un drop back (scendendo in un ponte da posizione eretta). Supponiamo di avere la flessibilità che ci occorre per inarcarci in un drop back che, teoricamente, è semplice avendo la forza di gravità che ci supporta. Ma è proprio questo il problema! Abbiamo bisogno di controllare la nostra discesa contro la forza di gravità, per frenare la nostra caduta. I muscoli anteriori delle gambe e del tronco si impegnano per frenare la nostra discesa: quindi il drop back è un esercizio di “frenata”. E allo stesso modo, quando saltiamo a sedere in un vinyasa, la forza richiesta è quella necessaria alla frenata che ci evita di cadere. Saltiamo, e dobbiamo controllare la nostra discesa contro la forza di gravità. Esercizio che richiede un notevole sforzo.
Di cosa abbiamo bisogno?
Di cosa abbiamo bisogno, quindi, per frenare e controllare la nostra transizione in un vinyasa? Per un movimento così complesso isolare i muscoli è di scarsa utilità. Quando saltiamo, ad esempio, mentre cerchiamo di allontanare da noi il pavimento (per non prendere una facciata), estendiamo l’articolazione della spalla per sollevarci nel salto. Per frenare, dobbiamo mutare questo movimento dell’articolazione della spalla in una flessione, e contemporaneamente lavorare eccentricamente i muscoli estensori per atterrare. Certo è un’informazione utile ma non è a questo che rivolgiamo la nostra attenzione durante la transizione. E’ più importante comprendere di cosa abbiamo bisogno e praticare i movimenti integrati che ci aiutano ad ottenere forza e controllo.
Per frenare nel salto da Adho Mukha Svanasana abbiamo bisogno di una parte superiore del corpo tonica e forte. Ho insegnato Yoga a molti gruppi di principianti: nella prima esecuzione di un vinyasa, invariabilmente gli uomini hanno maggiore facilità rispetto alle donne. Gli uomini hanno infatti solitamente una parte superiore del corpo più forte rispetto alle donne, a meno che queste non siano particolarmente allenate da nuoto, arrampicata, ginnastica artistica etc. Queste attività sviluppano tutte i muscoli del tronco principalmente coinvolti nei vinyasa: il latissimus dorsi, i pettorali e il serrato anteriore, oltre ad insegnarci come integrare il lavoro degli arti superiori con quello del tronco e degli addominali profondi.
Arrotoliamoci come palle!
Un altro aspetto importante del vinyasa è la capacità di flettere il tronco per arrotolarci come palle. Funzionalmente, i nostri muscoli addominali tendono a lavorare in porzioni: superiore e inferiore. Quando pieghiamo il nostro corpo in avanti verso gli arti, come nei sit-up, facciamo lavorare prevalentemente gli addominali “alti”. Quando solleviamo le gambe verso il tronco, gli addominali “bassi” stabilizzano la pelvi permettendo ai muscoli flessori dell’anca di lavorare correttamente. I vinyasa hanno bisogno del lavoro congiunto e sincronico di addominali alti e bassi, per rendere concavo il tronco e sollevare le gambe. Naturalmente i flessori dell’anca devono lavorare altrettanto sodo per mantenere le gambe raccolte al petto.
Il percorso
Forse meno ovvio è il percorso necessario nel salto a sedere. Notate nel collage come Gregor salta sollevando le anche verso l’alto, nella prima foto. Dovete immaginare di saltare in una mezza verticale sulle mani. Se saltate troppo bassi, le anche restano troppo vicine al suolo e diventa impossibile contrastare la gravità.
Il salto indietro da seduti, seconda parte del vinyasa, rivelerà il grado di forza e di integrazione che avete, o non avete ancora, sviluppato.

Gregor Maehle esegue un jump through
Uniamo i puntini…
Non è sufficiente avere tronco, addominali e flessori dell’anca forti e allenati. La massima importanza va data all’integrazione degli arti con i muscoli profondi dell’addome, e al lavoro coeso di tutto il nostro corpo.
Un modo semplice per sviluppare la forza nella parte superiore del corpo e connettere le braccia alla colonna e ai muscoli profondi dell’addome è appendersi per le mani. Questa azione esalta l’impiego del gran dorsale e del basso trapezio, ed è un’azione impossibile da replicare durante la pratica degli asana. La connessione alla colonna e alla fascia toraco-lombare unisce le braccia ai muscoli profondi dell’addome. Anche se non avete la forza di sollevare il vostro corpo in questa posizione, coinvolgete gli arti superiore nel tentativo di farlo. Per incorporare gli addominali e i flessori dell’anca, sollevate le ginocchia e i piedi verso le mani. Questo potente esercizio migliorerà molto l’esecuzione dei vostri vinyasa!
Sollevare il corpo in Lolasana (la foto centrale di Gregor) è un’altro esercizio di preparazione molto efficace per superare l’ostacolo del pavimento durante i vinyasa. Fate attenzione a non arrotondare le spalle e utilizzate i pettorali invece del serrato anteriore. Se non riuscite a sollevarvi, provate ad usare due blocchi, almeno all’inizio. Vi servirà a capire quali muscoli dovete mettere al lavoro. Praticate il “pendolo” passando dalla posizione seduta a Chaturanga.
Il segreto dei vinyasa è… che non c’è un segreto. Nessun trucco magico. I vinyasa richiedono molta forza e un po’ di coordinazione. Forse vi è difficile credere che molti studenti hanno paura ad iscriversi ai nostri corsi perché temono di non saper eseguire un “buon” vinyasa. Mi dispiace perché significa che gli studenti tendono ad equiparare la prodezza fisica alla competenza yogica. Invece, semplicemente, alcuni sono più portati di altri, che devono lavorare più duro per arrivare agli stessi risultati. Ma un cuore sincero e una mente aperta restano i requisiti più importanti nel percorso dello Yoga: non dimentichiamolo!”
La forza “gentile” delle donne.
Il dogma contemporaneo di cosa fisicamente è possibile per un uomo o una donna, contribuisce a dare un certo parametro ai praticanti di yoga su come i due sessi possono praticare. Questo modo di pensare mina alla fondamenta il vero senso di potenza esistente in tutti e due i generi!
Nello Yoga, c’è il credo che tutti gli uomini possono eseguire senza troppo sforzo i sollevamenti anti-gravitazionali e che tutte le donne come dei serpenti entrano in tutti i tipi di contorsione senza problema alcuno. Mentre da un lato alcuni maestri ed allievi perpetuano qualche tradizionale ruolo tra i due sessi, la realtà ci mostra un’altra storia. Ci sono uomini ipermobili e donne superforti! Una lezione molto importante che lo yoga ci da è che non esistono standard universali per i corpi e che, tutti i corpi, di qualsiasi genere, razza ed età, possono beneficiare da questa antica pratica.
La ricerca della forza in una donna ci porta a scavare in profondità nella vera essenza della sua femminilità.
Per avere successo in un mondo fatto a misura di uomo, molte donne assumo atteggiamenti mascolini perdendo così il loro tratto femminile. Ma la forza in una donna non è ne più ne meno inferiore o diversa da quella di un uomo, ha solo qualità che sono appartenenti al suo genere e quindi non misurabili con i parametri di un mondo fatto ad immagine e somiglianza del maschio. Una donna ha, per esempio un centro di gravità più basso che un uomo e così necessita di lavorare con altri tipi di regole biomeccaniche, cosa che proietta le donne, causa parametri di movimento settati sul corpo maschile, come essere fisicamente deboli. Stereotipi, la scienza e vari punti di vista hanno creato un limite artificiale, così ho cominciato a volerci vedere più chiaro. L’insegnamento basico dello Yoga è la unificazione degli estremi, e secondo questa prospettiva è bene che ambo i sessi vengono invitati a muoversi verso un equilibrio tra forza e flessibilità. Quando provai a fare ciò con il mio corpo, venni spinto al limite del mio potenziale fisico, emotivo e mentale! Per questo ho scelto l’Ashtanga Vinyasa come pratica Yoga, e non l’Hatha Yoga occidentalizzato di tipo “yin”, perché mi ha permesso di lavorare sugli estremi così da liberarmi dalle limitazioni di genere!
Vi invito a fare altrettanto……
Molti pensavo che la forza sia la massa della parte superiore del corpo, ma le arti interne come per esempio in questo caso l’Ashtanga Vinyasa ci suggeriscono che tutto il vostro corpo è forte se attivato dall’interno verso l’esterno. Per questo qui uso il concetto di FORZA INTERNA. Ogni parte è integrata con il tutto anche se individuali responsabilità per sollevarsi per esempio dal suolo sulle mani, stretching e potenziamento viene lasciato a singole parti. Quando a qualcuno viene insegnato il jump back/through ed essi cercando di sollevare le anche dal suolo c’è chi dice che le braccia sono troppe corte, che il tronco è troppo debole o il sedere troppo pesante…. Tutto ciò nasce perché non conoscono il magico mistero dei bandhas, che tradotto letteralmente significa “chiusure”. Queste chiusure misteriose sono interne e possono essere coltivate grazie ad un uso costante e sottile dei muscoli del pavimento pelvico. Ricordatevi però che sul piano energetico la loro esperienza è più vicino al “Vuoto” che non al movimento muscolare!!!
Quando scoprirete quanto forti potete essere al centro del corpo, vi sentirete leggeri e liberi.
Ciò che sul piano fisico, muscolare è una chiusura è invece, sul piano energetico, un’apertura.
APPLICAZIONE.
Il pavimento pelvico e i muscoli ad esso connessi sono come qualsiasi altra parte del corpo. Più li usate e più forti essi diverranno! La totale attivazione di questa area con una contrazione serve a farvi percepire chiaramente cosa e dove sentire. Durante la pratica dello Yoga, questa connessione interna può essere attivata dal 10% al 100% del suo potere, dipende dai vostri bisogni. Se per esempio avete a che fare con posture difficili avete da attivare ogni singolo punto percentuale, mentre quando lavorate sulla flessibilità, allungamento basta molto meno. Attivare questi muscoli è la chiave per rendere il vostro bacino e le anche forti abbastanza per poterli sollevare dall’interno. Quando percepirete il vostro pavimento pelvico, sarete capaci di dirigere il corpo nello spazio dall’interno verso l’esterno. È importante connettersi con il lavoro dinamico dei bandhas in tutte le vostre posizioni spinali, sia che siano estese, flessione o in torsione…
Può essere d’aiuto visualizzare che mula bandha e uddiyana bandha si congiungono in modo da creare una sensazione energetica di VUOTO o di chiara luce localizzata nel vostro centro di gravità, KANDAS!
Si dice che tutte le 72000 nadi del corpo hanno origine in questa zona.
Solo riportando la vostra energia vitale indentro, in questo centro di potere potete realizzare il vero potenziale della pratica dell’Ashtanga Yoga (ma anche, dato che l’ho praticato ed insegnato per 30 anni, nelle arti marziali interne sia cinesi che indiane….). Le braccia e le gambe sono solo dei conduttori di forza. Il vero motore è il kandas, i glutei che sono i muscoli più forti del corpo….non gli arti. Il movimento parte ed è gestito dal centro non dalla periferia, movimento prossimale-distale…..